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Studio Universitario Definisce il Poker Gioco d'Abilità

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In un gioco di fortuna, istruzioni e strategia sono immateriali. Questa è stata la premessa che ha guidato Michael Dedonno ed il Dott. Douglas K. Detterman al processo che li ha portati a definire il poker come gioco d'abilità. La loro ricerca recentemente pubblicata sul Gambling Law Review, significativamente intitolata "Poker is Skill," riporta dettagliatamente il processo ed i risultati di esperimenti condotti alla Case Western Reserve University al fine di determinare se si tratta di un gioco di abilità o fortuna. Il titolo prescelto per la pubblicazione non lascia spazio a dubbi sul risultato finale.

In ognuno degli studi, a due gruppi di inesperti giocatori di poker venivano insegnate nel dettaglio tutte le regole del gioco del poker. Ogni membro del gruppo veniva quindi messo alla prova in partite simulate contro un software chiamato Wilson's Texas Hold'em. Alla conclusione delle sfide, i due gruppi avevano generato risultati statisticamente identici.

Dopo un numero prestabilito di mani, uno dei due gruppo di giocatori ha ricevuto lezioni di gioco avanzate che insegnavano il valore delle starting hands, l'importanza di fare attenzione allo svilupparsi dell'azione e l'introduzione del concetto di giocare poche mani.

Nel primo studio, che ha usato un totale di 200 mani giocate, il gruppo educato a livello avanzato ha fatto statisticamente molto meglio del gruppo di controllo che pur conoscendo dettagliatamente tutte le regole del gioco e vantando la stessa esperienza del primo gruppo, non disponeva di basi tattico-strategiche.

Per incrementare l'affidabilità del test, i due studiosi hanno effettuato una seconda prova questa volta basata su un campione di 720 mani offrendo un premio quale incentivo per ottimizzare l'impegno dei giocatori. Ancora una volta il gruppo di studio è stato sottoposto ad un corso che approfondiva nozioni strategiche e matematiche quali il concetto di of outs, tattiche di gioco pre-flop, al flop, al turn ed al river. Ancora una volta il gruppo di studio ha ampiamente superato il gruppo di controllo in quanto a risultati. Questa volta il più elevato numero di mani giocate garantiva, inoltre, una maggiore veridicità del risultato.

La differenza fondamentale riscontrata tra i due gruppi, al termine dei corsi di strategia e teoria, è stata nel numero di mani giocate che si è dimostrato essere molto inferiore tra i membri del gruppo istruito. Da rilevare che nessuno dei due gruppi è risuscito a chiudere le sessioni di gioco in positivo, ma il gruppo di controllo (quello non educato) ha subito perdite straordinariamente superiori a quelle del gruppo che aveva goduto dei corsi di strategia.

Nella conclusione del loro saggio, DeDonno e Detterman affermano che "la ragione per cui il poker viene ritenuto un gioco di fortuna risiede nel fatto che l'affidabilità di ogni breve sessione è bassa." Hanno inoltre notato che il secondo studio di 720 mani, simulando approssimativamente 30 ore di gioco in casinò aveva dimostrato un'affidabilità superiore. Concludono quindi affermando che, "la fortuna (la componente aleatoria) inganna l'osservatore che non riesce a vedere il poker qual è in realtà: un gioco d'abilità. Ciò nonostante, come dimostra questo studio, l'abilità è un fattore determinante sul lungo termine."

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