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Gaming: critiche dalla Corte di Giustizia

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La Corte di Giustizia Europea ha criticato il sistema italiano di concessioni in materia di scommesse. Lo si legge chiaro nelle motivazioni da una sentenza emessa in Lussemburgo dove emergono "dubbi riguardo alla compatibilità della disciplina nazionale con la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi garantite dal diritto dell’Unione. Infatti, la disciplina nazionale presenta caratteristiche che a detto giudice apparivano discriminatorie. In tale contesto, il giudice italiano ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia una serie di questioni".

Il caso a cui si riferisce la sentenza è quello Costa-Cifone titolari di Ctd di Stanley ossia agenzie di scommesse senza concessione AAMS, a cui è stato contestato il reato di "esercizio abusivo di attività di scommessa”.

Secondo la Corte di Giustizia Europea sono illegittime le sanzioni penali contestate nei confronti dei due agenti. Emerge quindi l'incompatibilità della nostra legislazione con il diritto europeo che deve essere sanata.

Le critiche della Corte Europea vertono su punti precisi. In particolare sull'obbligo imposto in Italia ai Ctd di rispettare le distanze minime rispetto alle agenzie già esistenti: "tale misura abbia l'effetto di proteggere le posizioni commerciali acquisite dagli operatori già insediati a discapito dei nuovi concessionari, i quali sono costretti a stabilirsi in luoghi meno interessanti dal punto di vista commerciale rispetto a quelli occupati dai primi. Una misura siffatta implica dunque una discriminazione nei confronti degli operatori esclusi dalla gara del 1999."

L'Italia ha replicato che il divieto in essere vuole solo impedire un eccesso di offerta, ma la tesi è stata prontamente rispedita al mittente con questa motivazione:"La Corte respinge tale argomento, in quanto il settore dei giochi d’azzardo in Italia è stato per lungo tempo caratterizzato da una politica di espansione finalizzata ad aumentare gli introiti fiscali. Per la tutela dei consumatori residenti i mezzi impiegati per la realizzazione dell’obiettivo invocato devono essere coerenti e sistematici”.

La Corte di Giustizia Europea ha dato un messaggio chiaro, di fatto dando ragione a Stanley: in Italia in materia di scommesse, non è rispettato il principio di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

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Stefano Villa

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