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Duplicate Poker: ultima frontiera verso lo skill game?

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Il poker americano è abilità o fortuna? Una domanda questa alla quale la maggior parte di coloro che giocano a Texas Hold’em piuttosto che a Omaha o Stud non esiterebbe a rispondere “abilità”, se non altro nel medio periodo. E noi siamo di sicuro fra questi.

Non tutti però sono di questa opinione, tanto è vero che nella maggior parte delle nazioni in cui questo "skill game" è diffuso, i legislatori ancora esitano a dichiararlo tale. Tra questi ci sono anche molti stati negli USA.
Ma si sa che gli States, da sempre alquanto divisi e spesso ambigui sul concetto di moralità pubblica, sono anche all’avanguardia nella ricerca di soluzioni innovative e dimostrazioni oggettive sulla validità di uno strumento.

Proprio in quest’ottica si colloca la proposta di un sito targato Usa, SkillBet.com, al momento ritenuto legale in 28 stati americani e che punta al pieno riconoscimento in tutto il paese.
Il motivo? SkillBet propone una sistema di gioco completamente diverso rispetto al solito, denominato “Duplicate Poker”: a due giocatori di Texas Hold’em (che giocano sostanzialmente un hu su tavoli diversi) vengono distribuite le stesse hole cards contro 5 avversari “computerizzati”, e viene disposto il medesimo board. Il giocatore che massimizza il risultato vince. Per capirci: se il giocatore A incassa 25$ contro i 5 computer e con le stesse carte il giocatore B ne vince 10, il giocatore B pagherà al giocatore A i 15$ di differenza.

Questo, secondo i progettisti e soprattutto gli avvocati di SkillBet, dovrebbe annullare il fattore “caso” dal momento che entrambi (ma è pensabile che si possa giocare anche in più di due, con tutti che pagano le loro differenza al miglior risultato) utilizzano la stessa combinazione di hole cards e community cards. Annullare il fattore casuale significa, secondo la maggior parte delle legislazioni sul gambling, passare dal gioco d’azzardo a quello di abilità.

Sin qui la soluzione sembrerebbe geniale anche se non del tutto nuova, dal momento che altre discipline cosiddette “della mente” l’hanno in precedenza già sviluppata: si gioca in maniera analoga a questa negli scacchi (che sono comunque privi del fattore fortuna) e nel bridge e a lungo si è discusso di applicare questa modalità anche al backgammon.

Soluzione trovata e problema risolto quindi? Noi non se siamo del tutto sicuri. Per un principio fondamentale, che poi è quello che caratterizza il poker rispetto a tanti altri giochi dove comunque esiste una componente di aleatorietà: si tratta infatti di un gioco ad informazione parziale, dove siamo costretti a ragionare in termini di “range” di mani di partenza e di probabilità per quanto riguarda il board. L’abilità di un giocatore sta proprio nel cercare di leggere queste “incognite” e di saper prendere di conseguenza le decisioni che ritiene più corrette.
Ma questo non significa di per sé eliminare totalmente il fattore caso nella singola mano: se, ad es., un giocatore decide, correttamente dal punto di vista dell’EV, di foldare 7x2x preflop, mentre l’altro rilancia e trova il flop della vita, non abbiamo eliminato nessun elemento di aleatorietà nel caso specifico. A meno di non applicare il “Duplicate Poker” ad un numero “n di mani" sufficiente perché non si ragioni più in termini di caso…Concetto complesso e soluzione decisamente poco pratica.

L’altro elemento che ci lascia perplessi, è il computer. Il poker è un gioco di stili e di situazioni, molto spesso legate a fattori psicologici (il tilt, la “presa” sul tavolo, la lettura dei tell anche online etc…). Saper leggere questi fattori e soprattutto saperli sfruttare è forse la key skill di un giocatore di poker, stando al mai abbastanza ripetuto insegnamento del “giocare i giocatori, non solo le carte”. E ci sentiamo abbastanza tranquilli nel dire che contro 5 “bot” anche questo aspetto viene meno.

Insomma, Duplicate Poker è di sicuro una grande idea innovativa e che ha un certo fascino, ma non crediamo sia la strada per provare una volta per tutte che il poker sia un puro skill game.
Anche perché, nell’opinione di chi scrive, il poker lo è già di per sé...

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Nicola Pagano

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