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Pluribus: l’AI che sa bluffare

Computer AI

C’è un nuovo campione in città, ed è un computer. Pochi giorni fa un programma d’Intelligenza Artificiale (AI, in inglese) è riuscito ad avere la meglio su tutti gli altri umani in una partita di Texas Hold’Em a sei giocatori senza limiti, di fatto la modalità più popolare al mondo. Dopo gli scacchi e l’antico gioco di origine cinese del Go, quindi, cade anche la “roccaforte” umana del poker, dove l’intelligenza artificiale ha, come si suol dire, ripulito il tavolo.

Il programma si chiama Pluribus, ed è stato sviluppato, per mesi, da due ricercatori di fama internazionale: Noam Brown, che lavora per conto di Facebook nell’apposita sezione “AI Research”, e dal collega Thomas Sandholm, ricercatore della Carnegie Mellon University, ateneo privato di Pittsburgh in Pennsylvania, considerato ormai da un decennio uno dei più prestigiosi di tutto il mondo in campo scientifico.

Al tavolo con Pluribus non c’erano proprio due novellini: Christopher Ferguson, per sei volte vincitore delle World Series of Poker, e Darren Elias, recordman di vittorie al World Poker Tour. Dopo avere vinto questo test, Pluribus ha giocato un secondo, e ancora più impegnativo, match: questa volta, contro altri tredici pokeristi professionisti. Una sfida vera e propria, durata 10.000 mani contro cinque avversari ogni volta. E anche in questo caso Pluribus ha ottenuto la vittoria finale.

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Fonte: Pexels Autore: Drew Rae Licenza: CC0 1.0

Al tavolo contro Pluribus c’era, tra gli altri, anche Michael “Gags30” Gagliano, che ha commentato così l’esperienza sicuramente senza precedenti: “Beh, è stato affascinante. Ci sono state alcune delle giocate di Pluribus che io non avrei compiuto, e penso che non lo avrebbe fatto nessun essere umano, però alla fine Pluribus ha dimostrato di essere entrato nelle dinamiche del poker”.

Il programma d’intelligenza artificiale, e questo era l’obiettivo iniziale dei ricercatori, ha saputo quindi dimostrare di avere non solo ben compreso tutte le regole e le sfumature del gioco del Texas Hold’Em, ma anche i trucchi dei giocatori più navigati e scafati.

come se fossero oro (e forse a breve potrebbero davvero valerlo), da quel poco che è trapelato gli scienziati si sono concentrati non tanto sulle combinazioni (quasi infinite) di gioco come accade per l’intelligenza artificiale applicata agli scacchi, quanto piuttosto su algoritmi allenati a prevedere le mosse altrui.

Per riuscire nell'impresa Pluribus si è allenato giocando contro sé stesso, imparando pure a bluffare. Impossibile, anche per un computer, calcolare infatti in così poco tempo le mosse possibili di ben cinque differenti giocatori in un colpo solo. Il risultato è stato soddisfacente: nella sfida uno contro tutti, Pluribus ha vinto circa mille dollari all’ora, uno score superiore a qualsiasi giocatore.

La notizia, rimbalzata dagli Usa in questo mese di luglio ha aperto un forte dibattito nella comunità del poker, con gli ovvi timori relativi a un gioco sempre meno frutto di talento e abilità ma, a questo punto, “sezionato” all’origine e sepolto da una valanga di chips e freddo calcolo delle probabilità.

Ad ogni modo, gli utenti italiani possono stare tranquilli perché l’utilizzo di robot e algoritmi nelle poker room non è permesso. Infatti, le più importanti aziende del settore, come 888 poker online, effettuano dei controlli per prevenire l’uso di qualsiasi software per il gioco automatizzato.

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Fonte: Flickr Autore: Mike MacKenzie Licenza: CC BY 2.0

Poker & Scienza - Il cammino che ha portato al risultato testato da Facebook e Carnegie Mellon University non nasce comunque oggi. È almeno da un lustro, ossia dal 2015, che ricercatori e scienziati provano a costruire il giocatore artificiale capace di giocare la cosiddetta “partita perfetta” , ossia un algoritmo in grado di calcolare le mosse giuste da fare, volta per volta. Ovviamente questo non comporta automaticamente la vittoria, dato che molto, in particolare quando si parla di poker alla texana, dipende dalle carte che si hanno in mano all’inizio.

La vera differenza del progetto Pluribus sta quindi nella capacità raggiunta non solo di fare le mosse giuste al momento giusto, ma anche di saper bluffare, calcolando quante probabilità ci siano che i rivali stiano facendo altrettanto. E, soprattutto, Pluribus ha ottenuto il risultato a cui tutti ambiscono: non tanto la mano perfetta, quanto quella che vince.

Ma perché la scienza e la ricerca si interessano tanto di poker? La spiegazione è abbastanza semplice, anche se non mancano le sorprese. Il poker appartiene infatti al cosiddetto ramo dei giochi basati, dal punto di vista tecnico, su informazioni naturalmente imperfette. Detto con parole più semplici, e come ben pensa ogni giocatore, sia al tavolo verde che coloro i quali si cimentano con avvincenti sfide on line, quando le carte iniziano a danzare non ci sono riferimenti precisi legati ai match precedenti, né tanto meno è possibile calcolare tutte le possibili opzioni relative a quali carte potrebbero avere i nostri avversari. Un passaggio che rende il poker estremamente differente da un’altra disciplina da sempre interessata da computer e intelligenza artificiale, vale a dire gli scacchi. Non a caso già nel 1996 un computer, il celebre Deep Blue, riuscì a battere l’allora campione del mondo di scacchi, Garri Kasparov, mentre fino a oggi questo non era avvenuto sul tavolo verde del poker.

Il test di Pluribus rappresenta un punto importante, non solo per il mondo del poker, ma in generale per la tecnologia, impegnata ora in un ampio dibattito sul perché l’intelligenza artificiale abbia fatto una scelta piuttosto che un’altra: una vicenda che sta occupando spazi importanti sulle più prestigiose riviste scientifiche, internazionali e anche italiane.

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