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Poker... dalla Cina con Furore

Poker... dalla Cina con Furore 0001

Tornando a tirare le somme della situazione internazionale sul gambling, possiamo costruire una mappa nera dei paesi ostili e intransigenti al gioco che ne sostengono una vera e propria battaglia. Fra i capofila di questa filosofia troviamo la Cina. Il gioco d'azzardo affonda le sue radici nella storia e nella cultura di questo popolo, troviamo notizie relative a pratiche di scommessa nella Cina antica, che risalgono al 4000 a.C. Quindi non si può dire che la popolazione cinese non conosca questa realtà, purtroppo ha scelto una linea dura.

L'ultima iniziativa del Governo è quella di obbligare, nel corso delle sessioni di gioco, i giocatori a rendere pubblica la propria identità. Pechino ha costretto le software house a perfezionare nei giochi online un sistema di riconoscimento degli utenti. I destinatari che non inseriranno i loro veri dati personali non riusciranno a loggarsi. Per i giocatori cinesi sarà vita dura, dovranno fornire dati personali accompagnati dal numero della carta d'identità. Una mossa che porterà a soffocare il consueto ricorso agli Avatar, negando un divertimento che fa parte del gioco.

Gli appassionati cinesi però, sembrano non condividere questa scelta: intervistati anonimi di Xinhua (agenzia di stampa) hanno dichiarato che i giochi in questo modo sono destinati a perdere il loro fascino. Uno degli aspetti più divertenti dei giochi online, soprattutto per gli Role-playing game è proprio quello di mantenere celata la propria identità, al fine di valorizzare le pluri-identità virtuali.

Il controllo sarà totale, in questo modo si potranno monitorare il numero di ore che un giocatore impiega quotidianamente nei giochi online. Ambigua la condotta del governo del celeste impero, da una parte una vigilanza profonda in linea con la politica nazionale applicata al Web (le famose censure), dall'altra zone franche come Macao ex colonia portoghese e unico luogo dove è legalizzato il gioco d'azzardo. Qui nella Las Vegas dell'Asia, le cifre parlano chiaro: 8 milioni di turisti all'anno di cui tre quarti sono giocatori, un abitante su quattro è occupato nell'industria del gioco.

I numerosissimi Casinò assicurano al governo centrale il 40% delle entrate governative, senza considerare l'effetto positivo che il turismo del gioco ha sulle strutture alberghiere e sui servizi che gravitano attorno, dalla ristorazione ai mezzi di trasporto.

La contraddittoria Cina, votata al controllo, non manca di ventilare la possibilità di costruire un super centro del gioco e del divertimento ad Hong Kong. Vivace metropoli dove il gioco d'azzardo non è mai stato permesso neanche prima del luglio 1997, quando la città era ancora sotto il protettorato inglese. A Macao le reazioni non si sono fatte attendere.

Il più tormentato è certamente Stanley Ho, l'uomo che ha costruito il suo impero sui locali da gioco. Già nel 2001 subì un duro colpo quando le autorità cinesi, intuendo l'affare, gli tolsero il monopolio sul mercato del gioco durato quaranta anni e il Tycoon il suo famoso locale, concedendo agli investitori esteri permessi e licenze per costruire colossali casinò Las Vagas style. L'effetto, come era prevedibile, e' stato una tempesta di soldi, oltre 25 miliardi di investimenti pervenuti soprattutto dagli Stati Uniti e una moltitudine di turisti-giocatori provenienti dalla Cina, soprattutto dalla vicina Hong Kong (18 milioni solo nel 2005), che hanno ridato una potente sferzata all'economia di questa città dallo spirito tollerante, luogo di incontro tra culture e tradizioni diverse.

Sarà forse Macao, la località, dove il gioco d'azzardo legalizzato fin dal 1860, a diventare la portavoce di una reazione propositiva contro la censura e il controllo del governo centrare nel resto della Cina?

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