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Lo Strizzacervelli del Poker, Vol. 46: Teoria dell'Attribuzione

Lo Strizzacervelli del Poker, Vol. 46: Teoria dell'Attribuzione 0001

La teoria dell'attribuzione descrive il modo in cui le persone spiegano sia i propri comportamenti sia quelli degli altri. Stando a questa teoria, le persone tendono a vedere cause o esterne o interne quali fattori determinanti della maggior parte degli atteggiamenti. Se vediamo un bambino piangere in un negozio, potremmo pensare "quel bambino è capriccioso" (interna), oppure "magari si è fatto male o è malato" (esterna). Stiamo attribuendo il pianto del bambino o ad una causa interna o ad una esterna. Nel poker, se qualcuno gioca una mano particolarmente male possiamo applicare lo stesso procedimento: attribuire il fatto ad una causa interna - "quel tizio è un pessimo giocatore di poker," o esterna quale ad esempio "quel tizio è in tilt o ubriaco o distratto." Saper fare questa distinzione potrebbe essere fondamentale per migliorare il nostro gioco.

Se siamo al tavolo con un giocatore veramente scarso allora potremo sfruttare la situazione sempre e con continuità; se però questo giocatore è in tilt e si prende una pausa, al suo rientro potrebbe benissimo essere pronto a giocare molto meglio. Se per errore avevamo attribuito il cattivo gioco alla causa interna - non saper giocare - potremmo perdere un bel po' di chips quando questi ci intrappolerà con giocate di buon livello.

Dobbiamo allora porci un'importante domanda quando perdiamo un piatto per un soffio, ovvero a causa di un leggero svantaggio: qual è il nostro primo pensiero? "Lui è un asino" "Ha giocato meglio di me" "È stato fortunato." L'atteggiamento corretto consiste nel non trovare sempre la stessa risposta ogni volta che perdiamo una mano. Dobbiamo ri-analizzare la mano per decidere se attribuire la sconfitta a bravura dell'avversario o alla sua fortuna. Cosa ancor più importante è saper comprendere le cause interne o esterne che sono intervenute sia per lui sia per noi. Troppo spesso ci sbarazziamo dei nostri errori attribuendo l'etichetta di asino al nostro avversario. Certo lui ha forse giocato male la propria mano, ma cosa dire di come l'abbiamo giocata noi?

Per ogni mano che ci consente una qualche lettura dell'avversario dobbiamo cercare di definire il suo gioco. Se lo definiremo davvero come roccia o maniaco (interno) allora che sia così, ma dobbiamo giocare di conseguenza sapendo che potremo sfruttare quel read a lungo e con uniformità. Se però si è trattato solo di una giocata, magari di prova o forse per dimostrare aggressività, allora dobbiamo stare attenti perché sta cercando di dare un segnale al tavolo (esterno) e tornerà subito a giocare tight.

Applicare la teoria dell'attribuzione agli altri giocatori è la parte più semplice del compito. Stiamo però attenti a non etichettare chiaramente e definitivamente un giocatore (roccia, maniaco, bluffer) fino a che non siamo assolutamente certi che lo sia. Meglio accontentarsi di piccole singole letture ("Gioca veloce con A-K") per poi cercare di definire l'etichetta. Nella maggior parte dei tornei con piccolo buy-in non si hanno mai abbastanza informazioni per realizzare una corretta lettura interna. Saltare subito alle conclusioni potrebbe costarci caro se il nostro avversario dovesse talvolta optare per una giocata in contro-tendenza. Non è che lui ha cambiato il proprio stile di gioco; è che gli abbiamo attribuito uno stile basandoci su informazioni troppo limitate.

Il secondo impiego nel poker della teoria dell'attribuzione è molto più impegnativo e di difficile realizzazione. Dobbiamo attribuire motivazioni al nostro stesso gioco. A tutti noi piace pensare di aver perso con un grosso punto solo perché l'altro è stato fortunato, ma in fondo sappiamo che non è sempre così. Talvolta giochiamo in base a read errati o semplicemente in modo non ottimale; abbiamo fatto un errore e dobbiamo cercare di capire se è dovuto ad una causa interna o esterna. Se è esterna: siamo stanchi, abbiamo sbagliato il read, ci siamo fatti distrarre ecc. Notiamo l'errore e procediamo oltre. Se è interna, allora abbiamo qualcosa su cui lavorare. Se giochiamo aggressivi con top pair/top kicker e ogni volta finiamo col perdere la mano, allora il nostro gioco ha una carenza. Stiamo chiaramente giocando male TPTK e questo è un problema interno.

Attribuire i nostri errori alla causa corretta e intervenire per colmare le lacune di gioco così evidenziate è fondamentale per migliorare. Ricordate che attribuire correttamente cause ai nostri atteggiamenti è decisamente più difficile che attribuirle ai comportamenti degli altri giocatori e che correggere i problemi interni è più difficile che risolvere quelli esterni.

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