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Il Texas Hold’em? Negli Stati Uniti si studia nelle high school!

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Che gli Stati Uniti d’America siano un passo avanti all’Italia e’ cosa purtroppo ben nota.
Che negli Usa ci sia una scuola che ha ‘riclassificato’ ufficialmente il gioco del poker come ‘Mind Sport’, e’ forse un po’ eccessivo anche per loro.
E invece no. E’ successo davvero.
La Henry Street School (specializzata in studi internazionali) ha sede a New York City e da molti anni ha un’attivita’ extracurricolare del tutto unica: il texas hold’em.

Una volta alla settimana, un gruppo di studenti di questa high school di Manhattan, si riunisce insieme al docente che ha creato ‘il ‘Tournament Card Play Club’: e naturalmente si gioca a poker.

Ma attenzione. Mr. Maurice Engler (fondatore) ha stabilito regole molto chiare e assolutamente inflessibili: niente linguaggio volgare, niente contestazioni e soprattutto niente soldi.
Il poker viene utilizzato per quello che alla fine rappresenta nella sua essenza piu’ pura: un gioco ‘matematico’, dove le capacita’ di concentrazione, applicazione e lettura del gioco avversario sono i fattori decisivi.

Di fatto si tratta dell’ennesimo riconoscimento ‘unofficial’ di questa disciplina, che la Usa Poker Federation cerca di ricollocare da anni nella sua reale categoria a livello mondiale, quella dei ‘Mind sports’. Come confermano le parole di Amy Handelsman (direttrice esecutiva dell’associazione):
‘Il poker e’ stato troppo spesso associato a un’immagine negativa, per via delle modalita’ con cui si gioca. Ma se togliete di mezzo il denaro, e pensate al texas hold’em solo come disciplina ‘mentale’, ecco che cambia tutto, e non si puo’ non considerarlo un ‘mind game’ vero e proprio’.

E su queste basi si è mosso per anni proprio Maurice Engler, che nel 2008 ha messo i suoi studenti su un pullmann, per recarsi alla prestigiosa universita’ di Harvard a sfidare gli studenti del prestigioso ateneo in un vero e proprio torneo live di texas hold’em.
Ovviamente vinto.

Il principio base e’ quello per cui il texas hold’em e’ assolutamente equiparabile agli ‘scacchi’: abilita’ e strategia necessarie, sono allo stesso livello, cosi’ come concentrazione e capacita’ di pianificare un proprio stile di gioco vincente.
Engler ha iniziato questo percorso nel 2007, ma gli ostacoli si sono immediatamente presentati: innanzitutto i vertici scolastici, che soprattutto inizialmente, non vedevano di buon occhio il particolarissimo club di questo brillante docente (che ha lasciato la scuola a inizio 2012).
Ma col tempo e la pazienza necessari, Engler e’ riuscito a proseguire il suo ‘percorso didattico’, arrivando a un obiettivo assolutamente prestigioso: oggi, anche senza la sua presenza, la Henry Street Team ha 10 membri, ed e’ l’unico High School Poker Club riconosciuto a New York City.

Probabilita’, il pericolo di scommettere, la filosofia Zen. All’inizio di ogni ‘riunione’, erano questi gli argomenti didattici ‘sviscerati’, arrivando all’azione vera e propria, soltanto nella seconda parte della particolarissima lezione. Come testimonia uno dei primi membri del club, tutt’ora iscritto, il 18enne Malachi Riddick:
‘Il poker è un esperienza che ti insegna molto. Ogni decisione che prendi, ha delle conseguenze. E la chiave e’ capire se quella e’ la decisione giusta in quel momento, basandosi esclusivamente su un approccio a meta’ tra il matematico e il filosofico. Le carte entrano in gioco soltanto in un secondo momento.’

La pensa cosi’ anche Erin McMahon, preside della Henry Street School, rimasta letteralmente ‘fulminata’ dopo una visita al club durante una ‘sessione’:
‘La prima volta che sono entrata, mi sono immediatamente saltati all’occhio il livello altissimo di concentrazione e applicazione dei ragazzi. E chiunque avrebbe avuto la stessa impressione.
La voglia di migliorare le proprie conoscenze, di crescere dal punto di vista mentale, e’ apparsa subito la chiave: e sono molto soddisfatta delle scelte compiute dal nostro istituto nei confronti del club’.

Ma la preside della Henry Street, non e’ stata l’unica nuova supporter del texas hold’em nelle scuole Usa. Grande entusiasmo e ‘pubblicita’ e’ arrivata anche da uno degli atenei di riferimento del paese, la Harvard University.
Qui, il professor Charles Nesson (docente di legge) ha dapprima ‘capitanato’ il team dell’ateneo nella sfida contro i rivali Newyorkesi (persa), poi e’ diventato uno dei maggiori sostenitori della causa, diventando anche membro della Poker Federation Usa:
‘Il poker e’ tutto basato sui tuoi avversari, e su quanto stai rischiando con le tue decisioni contro di loro. E’ un po’ come nelle cause in tribunale, il duello tra le parti e le decisioni prese contribuiranno in modo decisivo a formare la pronuncia finale del giudice (o della giuria)’.

E agli studenti, la nuova materia piace eccome. Basta leggere le parole dell’unico membro femminile del club, la 17enne Nateam Karim, che grazie al texas hold’em ha imparato una materia fino a quel momento assolutamente indigesta, la matematica:

‘Non ho mai amato la matematica, ma nel poker la devi per forza prendere sul serio. Per questo alla fine ho dovuto studiarla, per ottenere i risultati che volevo nel texas hold’em. Ed e’ stato molto utile, oltre che ovviamente divertentissimo. Giocare a poker significa osservare i tuoi avversari che bluffano e rilanciano, e se impari a ‘leggere’ queste situazioni a un tavolo, potrai poi applicare le tue conoscenze anche nella vita reale, con grandi risultati’.

Insomma, nel 2012 da noi si parla ancora di ‘ludopatie’ e ‘gioco d’azzardo’, negli Stati Uniti si valuta l’inserimento del poker nel programma scolastico nazionale.
Forse gli americani non sono avanti proprio in tutti i campi, ma in quello che piu’ ci sta a cuore, noi non possiamo letteralmente ‘circolare’.
Speriamo che in qualche decennio l’illuminazione attraversi l’Oceano Atlantico, e che anche in Italia si cominci a ‘ragionare’.
Magari cominciando proprio dal poker.

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