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Ragionando di Bluff - Parte 2

poker Bluff

Riprendiamo il discorso sul bluff dove l'abbiamo lasciato nel precedente articolo. Abbiamo visto quali sono i criteri base dai quali farci guidare quando consideriamo la possibilità di un bluff. Ora proviamo ad analizzare le modalità concrete con cui realizzarlo e alcune delle situazioni “tipiche” nelle quali un bluff può avere successo.
La prima è la cosiddetta continuation bet , ovvero una mano in cui abbiamo iniziato rilanciando preflop e siamo stati chiamati da uno (massimo due avversari), che poi hanno mostrato passività (debolezza) al flop: è possibile in questa situazione continuare ad “aggredire” i loro check con puntate progressive al flop ed eventualmente anche al turn e river, nel tentativo di figurare un punto alto (una top pair ad es.). Ovviamente in questo caso diventa importante essere gli ultimi a parlare, in modo da poter registrare l'azione avversaria che indica debolezza (check). Un altro vantaggio lo otteniamo se sul board appare una highcard (un A o un K) o una coppia medio bassa che molto probabilmente non aiuta nessuno dei nostri avversari: in questi casi continuare a puntare mette moltissima pressione a chi non ha legato un punto al flop e quindi aumenterà la propensione a foldare. Attenzione viceversa va fatta se sul board appaiono più overcards rispetto alla nostra mano (ad es. un K e una Q, quando in mano abbiamo ad es AJ) o situazioni che possano portare a probabili progetti di scala e/o colore.
La posizione è importante anche nel bluff. Ad esempio supponiamo di essere in 3 ad aver limpato pre flop; il flop è Q-3-2 rainbow e i primi due a parlare si limitano al check: questa può essere un'ottima opportunità per simulare una Q in mano.
Al contrario a volte è possibile effettuare un bluff pur essendo i primi a parlare; ad esempio quando non ci sono raise preflop e il flop non presenta highcards o possibilità di draw: se tutti fanno check, il primo giocatore che punta al turn ha buone possibilità di aggiudicarsi il piatto, indipendentemente da quello che ha in mano. Ad es., supponiamo di avere 72 in posizione di grande buio ed entriamo in gioco gratuitamente, dal momento che due avversari si limitano a chiamare preflop e il piccolo buio passa. Il flop è 853 e tutti fanno check; il turn presenta un 5: a questo punto, parlando per primi possiamo puntare in bluff e far credere di avere un 5 o comunque un punto, mentre diminuiscono le probabilità che qualcun altro possa ragionevolmente chiamare.
Questo esempio ci fa capire anche che le situazioni migliori per cercare un bluff sono quelle in cui possiamo rappresentare di aver realizzato un punto forte come un tris nel caso precedente, oppure una scala o un colore. In questi casi il bluff può addirittura essere reso ancora più credibile con l'arma del check-raise di cui parleremo in un prossimo articolo. Ad esempio chiamiamo preflop un rilancio da late position con A4 e sul board appaiono 256: l'avversario punta e noi chiamiamo, con in mente la possibilità di una scala ad incastro, eventualmente un A e un colore “runner-runner”, ma soprattutto con l'idea che il nostro avversario possa essere “in steal” e quindi sia possibile bluffarlo al turn, nel caso il dealer girasse una carta che giustifichi un punto importante per noi: ad es., se al turn appare un 7 potremmo tentare un bluff facendo credere di aver realizzato una scala (ad es. con 8-9 in mano) o un colore di picche, anche effettuando un check raise. Tutto però dipende dalla lettura che abbiamo del giocatore che ci sta di fronte, cioè dal fatto di ritenere che stia a sua volta bluffando (in continuation bet) e al tempo stesso che sia un giocatore capace di foldare la propria mano.

Un altro aspetto da valutare nel bluff è la sua importanza relativamente all'andamento di un torneo e alla fase di gioco.
Ad esempio, quando stiamo giocando un torneo di Texas Hold'em e siamo alle prime fasi di gioco, puntare sul bluff come approccio generale del nostro gioco può non essere la migliore strategia. I piatti all'inizio di un torneo spesso non sono così significativi da arrischiare giocate consistenti in un bluff. I giocatori tendono a chiamare con maggior facilità nelle fasi iniziali, quando i livelli dei bui sono ancora bassi; inoltre è difficile avere una lettura precisa dello stile degli avversari al tavolo avendoli osservati per poco tempo. Infine insistere particolarmente nel bluff potrebbe costituire un effetto “boomerang” negativo per la nostra immagine, creando negli avversari l'idea che il nostro gioco è troppo spesso un tentativo di rubare i piatti. Io personalmente preferisco partire imponendo un'immagine “solida” al tavolo, in modo che le mie giocate ricevano rispetto dagli avversari nel tempo consentendomi poi di “cambiare marcia”. Ricordate sempre che uno degli aspetti fondamentali del poker è non essere troppo prevedibili e saper quindi variare il proprio gioco.
Durante un torneo il bluff assume un valore maggiore con il crescere dei livelli, quando chiamare una puntata diventa più pericoloso; e in questo senso il bluff diventa ancora più efficace nella fase cruciale del gioco, ovvero quella “pre bolla” (nei tornei maggiori, come EPT e IPT, diciamo in senso generale il Day3, quando restano in media 80-90 giocatori a lottare per la zona premio): qui la paura di rimanere fuori dai premi blocca molti giocatori, rendendoli più inclini a passare la mano, e con dei buoni bluff si possono accumulare chips importanti per poter attendere lo “scoppio della bolla”. Bisogna fare attenzione ad una cosa però: evitiamo,in questi momenti, di andare in bluff contro giocatori che sono in situazioni molto “short”, praticamente “committed”, perché potrebbero decidere di chiamare anche con opzioni marginali per la loro mano. L'ideale è attaccare quei giocatori che sono “borderline” con la zona premio.

Da tutte queste considerazioni è facile comprendere come il bluff sia una tecnica importante ma molto difficile da utilizzare, e spesso venga impiegata nel modo e nel momento sbagliato. Inoltre è un'opzione che richiede anche una certa esperienza e capacità psicologica, sia di saper leggere “il corpo” degli avversari, sia di saper mascherare le nostre emozioni. Questa è la lettura dei cosiddetti “tells” e la capacità di ingannare gli altri con i nostri “faketells”. Tuttavia questi aspetti molto avanzati del gioco superano gli intenti di questa prima analisi sul bluff. Con questo non intendo dire che non si debba bluffare o che lo possano fare solo i professionisti, ma consiglio a tutti i giocatori alle prime armi di imparare a farlo nella maniera corretta e di non abusarne mai: ancora una volta, ricordate che il bluff può essere un mezzo utile per vincere piatti importanti, ma non rappresenta di per sé l'essenza del poker.

Alla prossima!

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